martedì 21 febbraio 2017

L'Equivoco dell'Amare Sé Stessi


L'autrice è Élisabeth Vigée Le Brun (QUI). Il ritratto è di sua figlia mentre si guarda allo specchio.

Sebirblu, 21 febbraio 2017

Sempre più spesso e dalle fonti più diverse, ci sentiamo ripetere quasi ossessivamente l'indispensabilità di amare noi stessi per essere in grado, in un secondo tempo, di amare gli altri.

Sono parecchi anni che questo concetto si è diffuso soprattutto nell'ambito New Age, prendendo a "vessillo" quello che il Cristo ha detto nel Vangelo: "Ama il prossimo tuo come ami te stesso!".

In poche parole, sembra che si possa amare e soccorrere il prossimo, compiutamente, solo se prima abbiamo imparato ad amare la nostra persona.

Questo modo di pensare è oltremodo pericoloso e porta sovente a dei fraintendimenti disastrosi per l'evoluzione delle Anime.

È necessario dunque un approfondimento chiarificatore che conduca ad una visione più limpida, onde non si rischi di cementare maggiormente l'egoismo insito negli Esseri umani, giustificandolo con un simile asserto non seguito da una circostanziata spiegazione.

Da millenni l'uomo, per ovvi motivi come l'istinto di conservazione e quello di sopravvivenza, è stato costretto a considerare se stesso in maniera egocentrica e conseguentemente ad amarsi per soddisfare le proprie necessità.

Per questo motivo, sin dal Periodo Adamitico (simbolo della prima coppia corrispondente all'involuzione e alla condensazione dell'Umanità; cfr. QUI,  QUI e QUI)  l'Essere "caduto" si sentì attratto verso il compagno o la compagna (ved. QUI) per dare inizio, sebbene soltanto come espressione fisica, alla riconquista dell'Amore.

Amore che si sarebbe espanso poi ai figli, all'ambito familiare, agli amici, alla comunità e così via ma sempre difeso strenuamente in modo chiuso ed egoistico da qualsiasi pericolo esterno che ne avesse minacciato la stabilità.

È proprio in tale contesto sociale che l'Eterno avviò il Suo "disegno" di riconquista dei "Figli ribelli" affidando a Mosè, il Legislatore, la Legge morale dei 10 Comandamenti che si possono compendiare solo in due:


Mosè di Walter Rane

: "Ama il Signore Iddio con tutto il tuo cuore, con tutta l'Anima e con tutto il tuo pensiero" (Deuteronomio 6,5).

: "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Levitico 19,18).

Ora, visto che la Legge Mosaica fu promulgata in un periodo assai tumultuoso, quando le masse erano ancora ad un livello molto brutale di vita, prive di regole, e dove prevalevano gli istinti primordiali dell'esistenza, tali ordinamenti servivano per dare una svolta iniziale alle coscienze.

Ecco dunque, per ciascuno, l'incanalamento etico ai fini dell'evoluzione: ‒ prima di tutto, dai al tuo Dio la precedenza e l'onore dovutoGli visto che provieni da Lui; in secondo luogo, tratta il tuo simile con il riguardo che usi per te stesso e per la tua famiglia.

Passarono i secoli e giunse il tempo della SECONDA FASE, successiva a quella dei profeti, che avrebbe spalancato all'Umanità la Via del Ritorno all'Origine, rimasta chiusa per tutti fino a quel momento.

Questa possibilità UNICA fu portata dal Cristo, MANIFESTAZIONE dell'AMORE che con il Suo "Porgi l'altra guancia ed ama il tuo nemico" si sarebbe imposto sulla Legge Mosaica del Taglione assolutamente umana "Occhio per occhio, dente per dente",  perfezionandola  e  superandola  per  importanza.

Infatti in Mt. 5, 38-45 leggiamo:

"Avete inteso che fu detto: 

«Occhio per occhio e dente per dente» ma Io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lasciagli anche il mantello.

E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.

Avete inteso che fu detto: 

«Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico» ma Io vi dico: «Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro Celeste che fa sorgere il Suo sole sopra i cattivi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.»"

Così, per ritornare ai due punti-perno della Legge Mosaica, essi indicano ancora oggi come il Divino Genitore e il prossimo devono essere amati:

"Con tutto il nostro cuore", perciò in Amore, in quanto umani aventi il cardiaco; "con tutta la nostra Anima", perché Scintilla del Padre e parte di Lui; "con tutta la nostra mente e forza", cioè con la piena potenzialità dell'intelletto supportato dalla volontà.


Narciso ed Eco di John Everett Millais (1829-1896)

Veniva inoltre ingiunto di amare il prossimo come si amava sé stessi. Il significato sostanziale per noi, visto lo stato retrogrado in cui versavano allora le masse, è:

"Ama il tuo prossimo ALMENO come ami te stesso! È un MINIMO! Di fronte alla Legge dell'Amore non possiamo mettere al primo posto noi stessi!

Tant'è che il Cristo, ed è questo che è stato equivocato, viene messo alla prova da un dottore della Legge che gli domanda:

["Qual è il più importante fra tutti i Comandamenti?" e Gesù gli risponde:

Il primo è: «Ascolta, Israele, il Signore nostro Dio è l'unico Signore, ama dunque il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza».

Il secondo è questo: «Ama il tuo prossimo come te stesso». Non v'è alcun altro comandamento maggiore di questi.

E lo scriba replica:

"Rabbi (Maestro), hai detto bene secondo verità che c'è un solo Dio e non vi è nessun altro al di fuori di Lui; che amarlo con tutto il cuore, con tutto l'intelletto, con tutta la forza e amare il prossimo come te stesso vale molto di più di tutti gli olocausti e i sacrifici."

E Gesù, vedendo che questi aveva risposto avvedutamente, gli dice: «Tu non sei lontano dal Regno di Dio». E nessuno ardiva più interrogarlo.] (Mc. 12, 29-34).

Come vediamo, non è stato il Cristo a dettare questa regola, Egli ne ha riportato solamente la citazione inerente al Vecchio Testamento per soddisfare la curiosità e dare conferma al suo interlocutore.

Ma c'è di più e molto più importante per noi! Egli, come dicevo poc'anzi, è venuto per perfezionare la Legge e durante l'ultima cena senza rivolgersi al Padre come ha fatto sempre per dare l'Esempio all'Umanità, annuncia in prima Persona con estrema SOLENNITÀ DIVINA:

"Vi do un Nuovo Comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come Io vi ho amato, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete Miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri". (Gv. 13, 34-35).


L'Ultima Cena di Walter Rane

Ecco qual è la sostanza delle cose! In quale modo ci ha amati il Cristo? Forse anteponendo  Se  stesso,  amandosi,  per  poter  poi  amare  gli  altri?

Non ha forse detto: "Non c'è amore più grande che dare la vita per i propri amici?" (Gv. 15,13) E ancora: "Chi ama la sua vita la perderà?" (Gv. 12,25).

Certo, è normale che il "risvegliato" ami se stesso in quanto spiritualmente Scintilla divina, piccola parte dell'Eterno, e che di conseguenza ami anche l'involucro che la contiene come Tempio Sacro dello Spirito. In questo modo vedrà in ogni altro Essere la stessa Essenza che alberga in lui.

Com'è altrettanto ovvio che prima di dedicarsi all'Opera cerchi di "pulirsi" il più possibile dalle scorie per servire il prossimo in purezza e in umiltà affinché la stessa Opera sia proficua per potenzialità ed esempio donato.

Ma come dice la Voce ultrafànica (cfr. QUI), per compenetrare quanto si è detto è necessaria la rinuncia al proprio Io di fronte all'altrui Io

Si deve superare il concetto egoistico, annientarsi, astrarsi, e concepire la creazione al di fuori di noi, operando per gli altri, non per sé stessi.

Questo è l'insegnamento della Legge Cristica! Contro questo movimento cosa insegna la Chiesa del Tempo? La Chiesa del Rito? "Ama il tuo prossimo come te stesso" e ciò è bestemmia perché la materia ha in sé la tendenza umana all'egoismo e allora si viene invitati ad amare il nostro prossimo egoisticamente.

Non si deve dunque amare gli altri così, ma come emissione, come parto dell'Eterno, vedendo in ognuno non soltanto un fratello perché figlio dello stesso Padre ma un "alter Cristus", dal momento che è proprio Lui che risiede in ogni altra individualità.

La Sua frase, infatti, ce lo ricorda molto bene: "Tutto quello che avrete fatto al più piccolo dei Miei fratelli l'avrete fatto a Me." (Mt. 25,40).

L'Entele Guida (QUI, al post scriptum, per comprendere chi è) ci dice ancora:

"Congiungetevi in un unico abbraccio, staccatevi voi e l'Umanità tutta dalla materia, lasciate vibrare solo il vostro Sé sostanziale e vedrete che queste energie, svincolate dalla densificazione, si fonderanno fulmineamente formando un'Unità.

Da questa scaturisce, luminoso, lo stesso Fuoco d'Amore che vi ha generato."


lunedì 6 febbraio 2017

"Una Voce Sublime" e Léon Denis sui Bimbi Prodigio


Joshua David Bell - Prodigioso violinista statunitense dai 5 anni di età. QUI

Sebirblu, 6 febbraio 2017

Ripropongo e condivido con voi, cari Lettori, la visione di questi due brevi filmati che sicuramente vi sorprenderanno come è accaduto a me e a tanti altri che hanno avuto modo di ascoltare sia  la voce paradisiaca di una bimba di soli  9 anni, olandese, Amira Willighagen, che il talento meraviglioso di una giovanissima pianista di appena 5 anni, asiatica, Tiffany Koo.

(Purtroppo le due versioni video, presentate in italiano, sono scomparse, ma le rappresentazioni che ho ripubblicato sono comunque le stesse e tutte da gustare).

Esse mi hanno dato lo spunto per farvi conoscere il pensiero del grande studioso Léon Denis (vedere QUI) su questi "casi" straordinari.


 



"I Bambini Prodigio" di Léon Denis

Certe manifestazioni precoci di genialità si possono considerare come prove di preesistenza, perché rivelano attività compiute dall'Anima in altri cicli anteriori. (Cfr. QUI; ndr).

Fenomeni di questo genere, di cui parla la storia, non possono essere accadimenti a sé stanti, senza alcun legame con il passato, prodottisi per caso nel vuoto dei tempi e dello spazio. (Cfr. QUI; ndr).

Dimostrano, al contrario, che il Principio divino in noi è un Essere che arriva in questo mondo con un bagaglio completo di lavoro e di evoluzione, conseguenza di un progetto ben delineato e di un obbiettivo perseguito nel corso delle sue esistenze. (Cfr. QUI; ndr).

Ciascuna incarnazione trova nell'Anima che reitera la sua esistenza una cultura particolare, delle attitudini, delle acquisizioni mentali che spiegano la sua facilità di operare e la sua potenza di assimilazione. È per questo che Platone diceva: "Apprendere è ricordarsi!"

La legge dell'ereditarietà viene spesso ad intralciare, in un certo modo, tali manifestazioni dell'individuo, perché lo Spirito plasma il suo involucro fisico mediante gli elementi messi a disposizione dai fattori ereditari.

Tuttavia, nonostante le difficoltà materiali, si manifestano in certi individui, sin dalla più tenera età, delle prerogative talmente elevate e senza alcun rapporto con quelle dei loro progenitori, che non è possibile, malgrado tutte le sottigliezze della casistica ordinaria, collegarle a nessuna causa immediata e conosciuta.

Si è sovente citato il caso di Mozart, esecutore di una sonata al pianoforte all'età di 4 anni, mentre ne aveva 8 quando ha composto un'opera. Paganini e Teresa Milanollo, da bambini, suonavano il violino in maniera strabiliante.

Liszt, Beethoven, Rubinstein si facevano applaudire a 10 anni. Michelangelo e Salvator Rosa si rivelarono ad un tratto con delle capacità improvvise. Pascal a 12 anni, scoprì la geometria piana, e Rembrandt, prima di saper leggere, disegnava come un grande maestro.


"La parabola dell'Uomo Ricco" di Rembrandt Harmenszoon Van Rijn (olandese) 1606 - 1669

Napoleone si fece notare per la sua tendenza prematura per la guerra. Nella sua prima giovinezza, non giocava con i soldatini come i bambini della sua età, ma con un metodo straordinario che sembrava attingere da sé stesso.

Il sedicesimo secolo ci ha lasciato il ricordo di un prodigioso poliglotta, Jacques Chrichton, che Scaligero denominava «genio mostruoso». Era scozzese e a 15 anni discuteva in latino, greco, ebraico, arabo su qualsiasi argomento. Fin dai 14 anni, aveva conquistato il diploma magistrale.

Henri de Heinecken, nato a Lubecca nel 1721, parlò pressoché dalla nascita. A 2 anni, sapeva tre lingue. Imparò a scrivere in qualche giorno e si esercitò ben presto a pronunciare dei piccoli discorsi. A 2 anni e mezzo, fu sottoposto ad un esame sulla geografia e sulla storia antica e moderna.

Viveva soltanto del latte della sua nutrice ma si volle svezzarlo, così deperì e si spense a Lubecca il 27 giugno 1725 nel corso del suo quinto anno di età, sostenendo le sue speranze in un'altra vita. Egli era, dicono «Le Memorie di Trévoux», delicato, disabile e spesso malato.

Questo giovane talento ebbe la piena coscienza della sua fine prossima. Ne parlava con una serenità così ammirevole quanto la sua scienza precoce e volle consolare i suoi genitori infondendo loro degli incoraggiamenti tratti dalle loro comuni credenze.

La storia degli ultimi secoli segnala un gran numero di questi bambini prodigio.


Christian Henrich Heineken - Lubecca  1721 - 1725  QUI 

Ma riprendiamo a parlare del concetto di ereditarietà, come accennato sopra, che si esprime con la trasmissione di alcuni fattori da un individuo ai suoi discendenti. Le influenze genetiche sono molte, sia dal punto di vista fisico che psichico.

Il passaggio dai genitori ai figli del temperamento, dei tratti somatici, del carattere e dell'intelligenza, risulta molto evidenziato su certe persone.

Ritroviamo in noi, sotto diversi aspetti, non soltanto le particolarità organiche dei procreatori o dei nostri antenati, ma anche i loro difetti e le rispettive qualità.

I membri di una stessa famiglia però, pur presentando delle somiglianze, delle fattezze comuni, rivelano anche talvolta delle differenze notevoli. Il fatto può essere constatato dappertutto, intorno a noi, in ciascuna famiglia, tra fratelli e sorelle e persino tra gemelli.

Molti di costoro, simili nel fisico nei loro primi anni, al punto che difficilmente è possibile distinguerli l'uno dall'altro, presentano nel corso del loro sviluppo delle differenze pronunciate di lineamenti, di personalità e di intelletto.

Per spiegare queste divergenze, necessita immettere un termine nuovo nella soluzione del problema e ciò riguarda le precedenti esperienze esistenziali che consentono all'Essere di accrescere le inclinazioni, di vita in vita, di costituirsi un'individualità recante in sé la propria originale impronta e le singole facoltà.

Solo questo saliscendi reincarnativo potrà farci comprendere come certi Spiriti, incarnandosi, mostrino sin dai loro primi anni le scioltezze d'espressione e d'opera che caratterizzano i bambini prodigio.




Laboriose ricerche, studi, esercizi secolari hanno lasciato nel loro corpo causale delle tracce profonde, creando una sorta di automatismo psicologico. (Per approfondire vedere QUI e QUI; ndt). 

In particolare, la maestrìa si manifesta molto presto nei musicisti, attraverso tecniche di esecuzione che sorprendono i più indifferenti e rendono perplessi molti scienziati.

Esistono in questi giovani soggetti delle grandi riserve di conoscenze relegate nel subconscio che da lì si riversano nella coscienza sveglia producendo manifestazioni precoci di valentìa e di genio.

Pur  apparendo anomale,  esse  sono  tuttavia  soltanto la conseguenza di uno strenuo e duro impegno perseguito attraverso i tempi. Questo capitale indistruttibile dell'individuo, chiamato anche "coscienza subliminale",  si trova  in ciascuno di noi.

Esso si rivela non solamente nel senso artistico, scientifico o letterario, ma anche mediante tutte le acquisizioni della mente, tanto nel campo morale quanto in quello intellettuale.

L'educazione, poi, sviluppa questi germi potenziali, permettendo loro di fiorire e produrre i singoli frutti.

Questi Esseri, sembrano portare nel mondo delle disposizioni particolari che non si trovano nei loro genitori.

Tutti questi fenomeni, in una varietà infinita, trovano la loro motivazione nel passato dell'Anima, nelle numerose vite umane che ha sperimentato.

Ciascuno apporta nascendo i risultati della sua evoluzione, ciò che ha imparato, le competenze acquisite nei diversi domìni del pensiero e dell'opera sociale.




Lo Spirito è idoneo ai più diversi studi, ma nel corso limitato della vita terrestre, per effetto delle condizioni d'ambiente e delle esigenze materiali e sociali, esso si dedica generalmente soltanto allo studio di un numero ristretto di campi.

E dal momento in cui la sua volontà si orienta verso una delle aree dello scibile per mezzo delle tendenze e nozioni accumulate, la sua superiorità in tale direzione si delinea.

Si riverbera d'esistenza in esistenza, rivelando ad ogni ritorno sul piano terrestre manifestazioni sempre più precoci e maggiormente accentuate.

Ecco allora il bambino prodigio, il talento, il genio, come risultato di un'applicazione perseverante e continua mirata ad un obbiettivo specifico.

L'ingegno non si spiega dunque con i fattori ereditari e nemmeno con le condizioni ambientali.

Ci sono casi però, in cui la bravura, la memoria, l'immaginazione, le più alte facoltà della mente, sembrano ereditate. Queste somiglianze psicologiche tra genitori e figli possono essere spiegate con l'attrazione e la simpatia.

(Gli Spiriti simili si attraggono l'un l'altro per affinità vibratoria ed è per questo motivo che l'Anima, prima di reincarnarsi, sceglie i genitori in rapporto alle proprie virtù o ai difetti ma anche in relazione alle aspirazioni e alle esigenze karmiche; ndt).

Attraverso la reincarnazione ciascuno viene per eseguire un progetto, per riprendere il compito di ieri, il relativo perfezionamento interrotto dalla morte. Da essa proviene la superiorità eclatante di certe persone che hanno molto vissuto, tanto acquisito e grandemente lavorato.

Per mezzo di essa, queste individualità straordinarie, che appaiono qua e là nella storia, proiettano vivide luci sul cammino del genere umano. La loro supremazia è costituita soltanto dall'esperienza e dalle fatiche accumulate.

L'evoluzione dell'Umanità, considerata sotto questa luce, si mostra in tutta la sua grandezza. Essa si affranca lentamente dall'oscurità delle ere, emerge dalle tenebre dell'ignoranza e della barbarie, e avanza a passi misurati tra ostacoli e tempeste. (Cfr. QUI; ndr)




Percorre la via aspra e, ad ogni svolta, intravvede meglio le maestose cime, le sommità luminose dove troneggia la saggezza, la spiritualità, l'Amore.

E questo incedere collettivo è anche il viaggio individuale, quello di ciascuno di noi. Poiché questa Umanità è costituita da tutte quelle Essenze che, dopo un tempo di riposo nello spazio, ritornano di secolo in secolo, fintantoché non siano mature per una società migliore, per un mondo più bello.

Siamo stati tra le generazioni che furono, e lo saremo tra quelle future. In realtà, noi formiamo soltanto un'immensa famiglia umana in marcia per realizzare il Piano divino scritto in essa, quello del suo magnifico divenire.

Estratto dal libro francese di Léon Denis: "Il problema dell'Essere, del Destino e del Dolore" – 1908

Traduzione e adattamento: Sebirblu.blogspot.it